In questo articolo si parla di
«Devo assolutamente dimagrire.»
«Voglio perdere peso.»
Quante volte vi siete detti questa frase?
Per quanto l’abbiate pronunciata con decisione o foste convinti di voler veramente perdere peso, non siete però riusciti a farlo.
Che cos’è che non ha funzionato?
Andare via da…
Siamo esseri semplici, molto più di quanto possiamo immaginare e le leve interiori che ci spingono a fare o non fare una determinata cosa si basano su due principi:
- il dolore
- il piacere
Il piacere del cibo è più forte del dolore
Dal dolore tendiamo a scappare mentre ricerchiamo il piacere. Si tratta di un’evidenza che risulta chiara a tutti noi.
Ecco qui uno dei primi motivi per cui le diete dimagranti non funzionano: il cibo è collegato al piacere, piacere di mangiare, piacere del gusto, piacere di condividere con la famiglia e con gli amici dei momenti di convivialità e spensieratezza.
Molto spesso quando pensiamo alle diete la prima associazione che viene fatta è quella con la privazione.
Dieta senza glutine
Dieta senza grassi
Dieta senza zuccheri
Questa dimensione di mancanza provoca dolore ed è risaputo che il dolore è una leva più forte del piacere. Quindi sarà più facile sfuggire al dolore del privarsi dei cibi preferiti per dirigersi verso il piacere della gola, che concentrarsi sul benessere che può derivare dal nutrirsi adeguatamente, in base ai reali fabbisogni del corpo.
Anche se le scelte che ci portano ad eliminare determinati alimenti sono dettate da ragioni di salute e benessere, molto spesso la gola prende il sopravvento.
Che cos’è una dieta?
In realtà la dieta non è altro che uno stile alimentare, ma ormai è d’uso comune utilizzare la parola ‘dieta’ intendendo la dieta dimagrante. In questo senso, allo scopo di semplificare la comunicazione, lo uso anch’io, adeguandomi al comune sentire della maggioranza delle persone.
La dieta, intesa correttamente, sarebbe uno stile alimentare e, poiché il cibo ci mantiene in vita, possiamo ben dire che la dieta è strettamente connessa con lo stile di vita.
In natura molte specie si sono evolute proprio in funzione degli alimenti presenti nel loro habitat e il regime alimentare di ogni specie entra di diritto nella catena alimentare che garantisce la sopravvivenza. Basta che uno degli anelli della catena si rompa o si alteri e tutto l’equilibrio viene compromesso. Quando furono introdotti i conigli in Australia, l’assenza di loro predatori ne favorì il proliferare con conseguente devastazione e desertificazione di ampie aeree da dove questi erbivori traevano nutrimento.
È evidente quindi che un’alimentazione equilibrata porta benefici non solo all’individuo, ma a tutta la collettività
Pigri e golosi
Un’altra ragione per cui le diete non funzionano è che non è sufficiente mangiare meno o, ancor peggio, digiunare. È opportuno invece associare a un diverso regime alimentare anche un diverso stile di vita.
Purtroppo i dati ci segnalano che siamo un popolo incoerente e mosso dall’istinto. Corriamo ai ripari di solito quando è già troppo tardi, nella migliore delle ipotesi perché non reggiamo all’imminente prova costume, nella peggiore perché temiamo di sviluppare delle patologie.
Le palestre si affollano di persone incostanti che le frequenteranno qualche settimana per poi mollare. Alla mattina punteremo la sveglia in anticipo per andare a correre, salvo poi spegnerla al primo giorno di pioggia, dicendoci «andrò domani».
In Italia i sedentari, ossia coloro che dichiarano di non praticare alcuno sport o attività fisica nel tempo libero, sono oltre 23 milioni (39,1% della popolazione) e aumentano con l’età fino ad arrivare a quasi la metà della popolazione di 65 anni e più. [Fonte Istat, 2015].
Nel 2021, forse per reazione alla forzata immobilità dovuta al lockdown dell’anno precedente, la situazione è un pochino migliorata e siamo scesi al 33,7% pari a 20 milioni di persone su un totale di 59,11 milioni.
Mamma e cibo contro la ragione
Il cibo presenta una determinante componente affettiva, che influisce con forza sulle decisioni e sulle scelte.
Le neuroscienze ci insegnano che il profumo e il sapore del cibo si radicano profondamente nell’inconscio. Quella parte del nostro cervello che è connessa alla memoria, al ricordo e all’affettività – il cervello mammifero – funziona come un’affettuosa mamma universale. A scatenarlo contribuisce l’olfatto, uno dei più potenti e ancora poco noti, sensi.
Basta il profumo di caffè per rianimarci in occasione di levatacce mattutine o il delicato profumo di brioche appena sfornate per indurci il desiderio di una colazione al bar, di sicuro non molto salutare, ma certamente gratificante. Persino l’odore del soffritto, che di certo non è un profumo che sceglieremmo per rendere confortevoli gli ambienti in cui abitiamo, se collegato al ricordo della mamma o della nonna che cucinavano mentre da piccoli facevamo i compiti sul tavolo di cucina, ci scatenerà l’intenso desiderio di una bella porzione di lasagna al ragù.
Capite bene che quella tra la ragionevolezza e la potenza dei legami affettivi è un’impari lotta.
Mentre ci costringiamo a rinunciare ai cibi preferiti, il loro sapore e odore diventano la nostra ossessione.
Magro come tu mi vuoi
Un noto programma di dimagrimento che ebbe in passato ampia diffusione si basava sulle dinamiche di gruppo e sull’approvazione sociale. Ogni partecipante aveva un obiettivo di chili da ridurre. Veniva officiato un vero e proprio rito collettivo in cui, con cadenza settimanale o bisettimanale, le persone si incontravano e avveniva la cerimonia del peso.
Chi era riuscito a centrare l’obiettivo di chili in meno veniva applaudito e osannato, mentre non c’era nemmeno bisogno di denigrare chi lo mancava, perché era sufficiente l’atmosfera generale e il modello additato come virtuoso a far sentire le persone inadeguate.
Una modalità di questo tipo funziona?
Per un po’ sicuramente sì.
Spesso però le persone abbandonano questo tipo di programmi perché si sentono frustrate, avvilite e criticate. Trattarle come il soldato Palla di Lardo nel film Full Metal Jacket non è un buon incentivo al cambiamento. Il ‘metodo marines’ può funzionare in un campo di addestramento militare, ma tra persone libere di scegliere non farà altro che scatenare il desiderio di andarsene e tornare alle vecchie, amate, confortanti abitudini.
Chi si somiglia si piglia
Le dinamiche di gruppo funzionano però egregiamente quando si basano su altri principi, alcuni dei quali sono cari alle neuroscienze e alla fisica quantistica:
- il principio di imitazione;
- quello dei neuroni a specchio;
- il ‘paradigma olografico’, che vede l’universo come un Tutto, di cui ogni singola parte è il riflesso integralmente e fedelmente riprodotto.
Ognuno di noi è in connessione con tutti gli altri ed è spontaneamente portato a scegliere di stare con persone a lui simili con le quali si può identificare.
Le persone con cui spontaneamente ci identifichiamo non sono mai dei supereroi, sono piuttosto le classiche persone cosiddette ‘normali’.
Il termine ‘normale’, ingiustamente demonizzato da una propaganda che ci vuole tutti Superman e Wonder Woman, pronti a gettare il cuore oltre l’ostacolo e a camminare sui carboni ardenti, racchiude la profonda verità della concretezza.
Le persone normali condividono limiti e difetti umani. Il supereroe lo possiamo ammirare, ma quando scegliamo i nostri amici preferiamo che siano come noi, che ci somiglino. Questa è la ragione per cui la maggioranza delle persone preferisce Paperino a Topolino. Topolino è perfetto e fa sempre la cosa giusta, al punto da risultare spocchioso e antipatico. Paperino invece, oltre ad avere una vocetta nasale e ridicola, è così imperfetto, codardo, opportunista e criticabile, da farci sentire tutti i migliori di lui.
Il cibo come dipendenza
L’identificazione è dunque il principio in base al quale funzionano i gruppi di autoaiuto.
Si tratta, in genere, di persone unite da una comune dipendenza che le fa soffrire. Oltre agli alcolisti anonimi che sono forse il gruppo più famoso, esistono anche gli OA Overeaters Anonymous ovvero i Mangiatori Compulsivi. Anche in questo caso la dinamica di gruppo viene utilizzata per motivare le persone, ma anziché puntare sull’esaltazione di chi ottiene un successo, ci si concentra sulla condivisione del problema e delle soluzioni possibili.
Ogni membro del gruppo porta la sua esperienza, in positivo e in negativo.
Ne deriva un senso di appartenenza che produce benessere, la sensazione di essere compresi, l’intima convinzione che se un’altra persona con i miei stessi problemi ce l’ha fatta, allora ce la posso fare anch’io.
Naturalmente si tratta di programmi che possono durare anche anni.
Incostanti e inconsapevoli
Un’altra delle ragioni per cui le diete non funzionano è la mancanza di costanza. Molte persone si sottopongono a diete drastiche o si sforzano di non mangiare costringendo il corpo a variazioni brusche e squilibrate del metabolismo.
Le diete ‘creative’ pullulano: la dieta del fantino, la dieta della mela, la dieta del minestrone, etc.
L’intento è quello di risolvere in breve tempo un problema che si è creato negli anni, che si è stratificato nelle pieghe della personalità, fino a diventare un elemento costitutivo del carattere, innescando meccanismi subdoli, che le persone non sono nemmeno più in grado di identificare. Si vuole demolire in un attimo la costruzione di una vita, rompere catene di cui si è inconsapevoli e lo si vuole fare velocemente e in modo indolore.
Anche questo non può funzionare.
La volontà non basta: serve aiuto
E allora cosa possono fare le persone in balia di impulsi e forze superiori alla loro volontà?
Il primo passo è acquisire consapevolezza.
Diventare coscienti dei propri limiti, ma soprattutto fondare obiettivi ragionevoli su motivazioni potenti, che vengono riconosciute come prioritarie e per le quali si è disposti a mettere in gioco convinzioni, credenze limitanti e zone di comfort.
«Ma ce la farò, da solo, a fare tutto questo?»
Il coaching è una possibile risposta e soluzione a questa domanda.
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Bibliografia
- Paul D. Mclean, Evoluzione del cervello e comportamento umano, Einaudi, 1984
- Eva Maria Franchi, I Tipi psicologici: istruzioni per l’uso: L’arte di capire gli altri e sviluppare le tue potenzialità per migliorare la tua vita, Fontana Editore, 2016
- Robert Cialdini, Le armi della persuasione. Come e perché si finisce col dire di sì, Giunti, 2001
- Charles Duhigg, La dittatura delle abitudini. Come si formano, quanto ci condizionano, come cambiarle, Corbaccio, 2019